MES, l'assurdo diktat di Malmström

di Alberto Bradanini pubblicato il 21/11/16

Nell'articolo a lato pubblicato ieri dal Sole 24 Ore abbiamo letto quanto dichiarato a Milano il giorno prima sulla concessione alla Cina dello status di Economia di Mercato dalla Commissaria Ue al Commercio internazionale, Cecilia Malmström. Secondo quest'ultima la proposta della Commissione è ultimativa: "Per la Commissione Ue non ci sono margini di modifica". Molto interessante: come se la Commissione fosse un organo autonomo che opera su un altro pianeta, e non nell'interesse dei paesi membri!
La signora Malmström è la stessa che ricordiamo per un'altra assurda posizione (siamo nel 2014), quella di non rinviare l'imposizione alle Ambasciate del Paesi Membri di raccogliere le impronte digitali ai cinesi richiedenti visto (Schengen) in coincidenza con l'inizio di Expo Milano 2015, ciò che avrebbe danneggiato gli interessi italiani, ed europei. Una rigidità quella del tutto ingiustificata (bastava aspettare la fine di Expo) imposta dal connubio Malstromm/burocrazia di Bruxelles, superata solo quando nel novembre di quell'anno Malmström passò, per nostra fortuna (si fa per dire), dal portafoglio dell'immigrazione a quello attuale del Commercio.

 

Ed eccola ora alle prese con questioni cinesi, sulle quali la Commissaria svedese assume ancora una volta una posizione discutibile sul piano della logica e contraria agli interessi di Roma. Pur dichiarando che "la Cina non è un'economia di mercato, non lo sarà domani e non lo sarà neppure entro la fine dell'anno, quando si dovrà decidere la questione in esame", cerca però di aggirarne il senso, appoggiando una proposta che concede di fatto alla Cina gli stessi benefici di un riconoscimento formale di tale status. Non crediamo si tratti di una postura diplomatica nei riguardi di Pechino, ma di una posizione che risponde a riconoscibili interessi dei paesi forti del Nord Europa.

 

E benissimo ha fatto il nostro Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, a replicare che "tale posizione è per l'Italia inaccettabile, poiché la Cina soddisfa forse solo uno dei cinque criteri stabiliti dalla stessa Ue" per il riconoscimento dello status di "economia di mercato", sottolineando che "la proposta della Malmström equivale al riconoscimento de facto dello status di economia di mercato".

 

Speriamo ora che nel prosieguo dell'iter non vi siano esitazioni da parte europea, l'Italia insieme ai paesi like-minded, possa convincere Consiglio e Parlamento a gestire il dossier come esso merita. È noto che con la Cina molti paesi europei, tra cui l'Italia e l'Ue nel suo insieme, soffrono pesanti asimmetrie (su commercio e investimenti), e una intelligente gestione di questo dossier costituirebbe una prima occasione per iniziare a farlo. Sappiamo anche che vi sono altri paesi - la Germania e altre economie minori del Nord Europa - che hanno interessi diversi, minoritari nel loro insieme, ma iper-tutelati a Bruxelles.

 

Nel convegno di Milano, inoltre, la Commissaria Malmström, nota in Europa per il suo iper-liberismo attivo, non si è però limitata al MES, ma ha espresso l'auspicio che il TTIP - l'Accordo di partnership economica e commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea – possa essere ripreso, dopo una pausa di riflessione da parte del nuovo inquilino della Casa Bianca. La Commissaria non si è dunque rassegnata a vederlo affossato. Non dobbiamo qui dimenticare che se non fosse stato per le opinioni pubbliche di alcuni paesi come Germania e Francia, il negoziato TTIP sarebbe rimasto un testo secretato, accessibile sino al termine dei negoziati solo ai funzionari di Bruxelles, tra cui Malmström. Un Accordo questo che toccherebbe la vita e gli interessi fondamentali di 500 milioni di europei e dunque che tale concetto di democrazia sia quello di una cittadina svedese è per noi motivo di sorpresa. Quanto ai contenuti, la letteratura disponibile sul web è ampia e chi è interessato può oggi acquisirli agevolmente.

 

Cogliamo infine l’occasione per rilevare che i validi propositi del Ministro Carlo Calenda dovrebbero tuttavia tenere conto non solo del punto di vista dei produttori, delle imprese e della necessità di generare profitto, ma anche di quello dei consumatori e del principio di sovranità degli Stati, aspetti che nell'attuale formulazione dell'impianto del TTIP non ricevono adeguata protezione. Occorre del resto immaginare che – semmai l'Accordo entrasse in vigore – i paesi UE avrebbero a che fare con le grandi Corporazioni americane capaci come sappiamo di travolgere con la loro potenza politico-finanziaria qualsiasi eventuale resistenza, in particolare nei paesi deboli dell'Unione.